Attenti a quei due

«Conte era tronfio: roboante ma vuoto. Mario Draghi è disteso e nella sua calma introduce elementi di serietà nell’affrontare le difficoltà». Il giudizio, lapidario, è del socialista Rino Formica, ex ministro delle Finanze nella Prima Repubblica, oggi 94enne.

Nell’intervista rilasciata giorni fa a Federico Novella su “La Verità”, a proposito dei 32 miliardi di euro che il governo Draghi si appresta ad erogare a favore di imprese e lavoratori Formica aggiunge: «Già nel passaggio dalla parola “ristoro” alla parola “sostegno”, il Governo ha voluto lanciare un messaggio di contenuti. Ristoro vuol dire risarcimento totale del danno; e non è possibile.

Ma è possibile un aiuto, per l’appunto un sostegno. Adesso si farà ricorso a un nuovo scostamento di bilancio, cioè debito. Ma ricordiamoci che questo debito peserà moltissimo, se non sarà sostenuto dalla crescita. È un principio semplice che non mi invento io , ma che si studia al primo anno di economia. Altrimenti, di scostamento in scostamento, non andremo molto lontano».

Molto prima d’insediarsi a Palazzo Chigi, Draghi aveva espresso il convincimento che esiste anche un debito buono, ovviamente da privilegiare a quello che, per sua natura, è sempre cattivo, cioè destinato a spese improduttive.

Abbiamo sentore che il Presidente del Consiglio stia lavorando per rilanciare l’economia italiana e che quindi non sia preoccupato tanto del debito pubblico, quanto del suo corretto uso.

Il Primo ministro non a caso s’è circondato di persone qualificate, compatibilmente con i lacci e i laccioli impostigli dalla situazione politica attuale. Con uno stile di comunicazione encomiabile (parla il meno possibile e quando lo fa pesa intelligentemente le parole) lascia che siano i provvedimenti che prende a spiegare ciò che fa e non le comparsate televisive o gli insulsi messaggini sui social.

Si diceva delle persone qualificate e la prima che viene in mente è quel Giancarlo Giorgetti, 54 anni, laurea in Economia alla Bocconi, dal 1996 ininterrottamente mandato alla Camera, come loro rappresentante, da migliaia di varesini e varesotti di ogni ceto e professione. I voti di Giorgetti, leghista apprezzato prima da Bossi e ora da Salvini, non poggiano su clientele, ma sulla stima di elettori che riconoscono in lui competenza, prudenza e umiltà. Doti che, unite al comportamento schivo, lo accomunano a Draghi, persona molto riservata.

Se quest’ultimo ha accettato la sfida impegnativa di risanare il Paese, il Deputato varesino, insediandosi al Mise (Ministero dello sviluppo economico), s’è preso la pesante eredità di tentare di risolvere una marea di crisi aziendali (pare circa 200). Con l’aggravante che il Mise, come ha scritto Dario Di Vico sul Corriere, è «ancora ferito dalla “pomiglianizzazione” forzosa operata da Luigi Di Maio, ai tempi del governo Conte 1, ridisegnando l’organigramma del dicastero ma anche abbassando drasticamente le competenze».

Oltre ai guai della pandemia la coppia Draghi-Giorgetti, insieme ai pochi nuovi collaboratori che il Premier ha potuto scegliere, deve fare fronte all’inadeguatezza di tante figure sistemate in gangli vitali per la ripresa del Paese.

Probabilmente, chiusa l’emergenza virus di Wuhan (si spera presto con l’utilizzo di vaccini prodotti anche in Italia), Draghi e Giorgetti imboccheranno la faticosa via del risanamento economico sostenendo esclusivamente le aziende che ancora possono produrre ricchezza, non trascurando, ovviamente di assistere e di riqualificare le maestranze rimaste senza occupazione.

È una corsa contro il tempo: i “nuovi giocatori” della squadra del Governo Draghi, lasciando il più possibile in panchina i loro compagni giallorossi perché non facciano danni, devono ridare coraggio a quei cinque milioni e trecentomila lavoratori autonomi che con gli artigiani e i piccoli e medi imprenditori costituiscono l’ossatura portante dell’Italia.

I primi atti ci fanno capire che il processo di industrializzazione torna in cima all’agenda di Governo e che la salvaguardia dell’intera filiera dell’agroalimentare riacquista voce nelle competenti sedi europee.

Sono segnali precisi il golden share annunciato per bloccare la vendita del’Iveco ai cinesi, la produzione di vaccini in Italia, il cambio al vertice del Comitato tecnico scientifico del Ministero della Salute, il risorgere della nuova Alitalia (Ita) e la ripresa delle acciaierie Ilva.

Tutto lascia presagire che, seppure tra grandi difficoltà, il duo Draghi-Giorgetti & soci (non gli ex giallorossi) ci porteranno fuori dai guai.

Nella foto, da sinistra, Mario Draghi e Giancarlo Giorgetti (credit Notizie Tiscali.it)

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